Studiano,
sono una bella classe terza, probabilmente saranno promossi, ma sono
solo 13: il Provveditorato nega fin d'ora la continuazione del loro
percorso di studi
Mercoledì 9 maggio
2012, alle ore 10.40, è accaduto, all’IIS Fantini di Vergato, un
fatto inquietante.
La classe III
Grafica si stava preparando, insieme alla prof.ssa di storia
dell’arte, all’esame di qualifica che si terrà tra 10 giorni
quando, la dirigente, è entrata in aula con un plico di lettere.
«Dovete darle ai vostri genitori, c’è scritto che, a causa del
numero esiguo, in questa scuola non verrà concessa dal
provveditorato la IV. Dovrete quindi iscrivervi in un altro istituto
o...» Marika inizia a piangere. Linda trattiene l’emozione. Debora
si arrabbia e chiede spiegazioni. La preside chiarisce che non c’è
alcuna possibilità, i numeri parlano chiaro. Debora ribatte che loro
non sono numeri, sono persone. Viene organizzata un’assemblea di
classe straordinaria e, insieme ai rappresentanti d’Istituto, viene
scritta una lettera al provveditore di Bologna Martinez. Ancora una
volta si chiede perché, qual è la ragione che impedirà loro di
avere il futuro che vorrebbero. Poi, insieme ai genitori, il
pomeriggio del giorno successivo, gli studenti si recano in
Provveditorato, ma la risposta, anche se più elusiva, è la stessa:
non ci sono i numeri. Bizzarro, mi pareva di aver letto nella
Costituzione che «la scuola è aperta a tutti» (Art. 34)…
Purtroppo la
situazione della Scuola Pubblica è tale che, in città, nessuno si
stupisce. Il DPR 81/2009 parla chiaro: non si possono costituire
classi con un numero medio inferiore a 22, quindi, ci dice il MIUR,
essendo senza dubbio 13 una cifra più bassa di 22, la III grafica
non ha il diritto di esistere e deve estinguersi. Non si tiene però
conto che, di quei tredici, i più vivono in paesini circostanti i
cui mezzi di trasporto non consentono di raggiungere Bologna, ovvero
il luogo più vicino in cui è situato l’indirizzo scolastico
omologo. Questo significa che, verosimilmente, 10 di loro
abbandoneranno gli studi, studi che, a sentir sempre la Costituzione,
dovrebbero essere un diritto. La volontà politica che il
provveditorato manifesta con tale azione non è l’applicazione di
un semplice atto burocratico, bensì l’eliminazione istituzionale
di una classe perfettamente in corso, con tutto ciò che ne consegue.
Ma l’articolo 3 non dice che «è compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando
di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di
tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale
del Paese»? Imporre, a livello istituzionale, a dei ragazzi
minorenni di abbandonare il proprio percorso scolastico non è forse
impedirne il pieno sviluppo? Ma la Repubblica doveva rimuovere gli
ostacoli o crearne?
In questi ultimi
giorni si fa un gran parlare dell’importanza di diffondere nelle
scuole la cultura della valutazione. Forse, invece, è il caso di
diffondere, in primis al MIUR, il valore dell’istruzione. Il Paese,
composto da persone e non da numeri, non può assolutamente
permettersi di rinunciarvi. Quindi, vi e mi domando: dobbiamo
accettare tutto nel silenzio anche questa volta? Tolleriamo che
sopprimano una classe che vorrebbe semplicemente completare il
proprio piano di studi? Possiamo permettere l'eliminazione
burocratica del percorso scolastico di questi 13 ragazze e ragazzi?
Silvia
Di Fresco
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