domenica 13 maggio 2012

Il binario morto della scuola italiana


Studiano, sono una bella classe terza, probabilmente saranno promossi, ma sono solo 13: il Provveditorato nega fin d'ora la continuazione del loro percorso di studi

Mercoledì 9 maggio 2012, alle ore 10.40, è accaduto, all’IIS Fantini di Vergato, un fatto inquietante.
La classe III Grafica si stava preparando, insieme alla prof.ssa di storia dell’arte, all’esame di qualifica che si terrà tra 10 giorni quando, la dirigente, è entrata in aula con un plico di lettere. «Dovete darle ai vostri genitori, c’è scritto che, a causa del numero esiguo, in questa scuola non verrà concessa dal provveditorato la IV. Dovrete quindi iscrivervi in un altro istituto o...» Marika inizia a piangere. Linda trattiene l’emozione. Debora si arrabbia e chiede spiegazioni. La preside chiarisce che non c’è alcuna possibilità, i numeri parlano chiaro. Debora ribatte che loro non sono numeri, sono persone. Viene organizzata un’assemblea di classe straordinaria e, insieme ai rappresentanti d’Istituto, viene scritta una lettera al provveditore di Bologna Martinez. Ancora una volta si chiede perché, qual è la ragione che impedirà loro di avere il futuro che vorrebbero. Poi, insieme ai genitori, il pomeriggio del giorno successivo, gli studenti si recano in Provveditorato, ma la risposta, anche se più elusiva, è la stessa: non ci sono i numeri. Bizzarro, mi pareva di aver letto nella Costituzione che «la scuola è aperta a tutti» (Art. 34)…
Purtroppo la situazione della Scuola Pubblica è tale che, in città, nessuno si stupisce. Il DPR 81/2009 parla chiaro: non si possono costituire classi con un numero medio inferiore a 22, quindi, ci dice il MIUR, essendo senza dubbio 13 una cifra più bassa di 22, la III grafica non ha il diritto di esistere e deve estinguersi. Non si tiene però conto che, di quei tredici, i più vivono in paesini circostanti i cui mezzi di trasporto non consentono di raggiungere Bologna, ovvero il luogo più vicino in cui è situato l’indirizzo scolastico omologo. Questo significa che, verosimilmente, 10 di loro abbandoneranno gli studi, studi che, a sentir sempre la Costituzione, dovrebbero essere un diritto. La volontà politica che il provveditorato manifesta con tale azione non è l’applicazione di un semplice atto burocratico, bensì l’eliminazione istituzionale di una classe perfettamente in corso, con tutto ciò che ne consegue. Ma l’articolo 3 non dice che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»? Imporre, a livello istituzionale, a dei ragazzi minorenni di abbandonare il proprio percorso scolastico non è forse impedirne il pieno sviluppo? Ma la Repubblica doveva rimuovere gli ostacoli o crearne?
In questi ultimi giorni si fa un gran parlare dell’importanza di diffondere nelle scuole la cultura della valutazione. Forse, invece, è il caso di diffondere, in primis al MIUR, il valore dell’istruzione. Il Paese, composto da persone e non da numeri, non può assolutamente permettersi di rinunciarvi. Quindi, vi e mi domando: dobbiamo accettare tutto nel silenzio anche questa volta? Tolleriamo che sopprimano una classe che vorrebbe semplicemente completare il proprio piano di studi? Possiamo permettere l'eliminazione burocratica del percorso scolastico di questi 13 ragazze e ragazzi?

Silvia Di Fresco


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