giovedì 26 luglio 2012

Una buona notizia

Il comitato dei Garanti del Comune di Bologna ha dato il via libera al referendum contro il finanziamento comunale alle scuole materne private, di cui siamo fra i promotori.

E' una buona notizia (una, ogni tanto...) e, a giudicare dalle numerose reazioni che ha già suscitato, un primo ottimo risultato. Ma è solo l'inizio, ora bisogna raccogliere 9000 firme e promuovere la consultazione.

http://referendum.articolo33.org/


Lettera aperta a Profumo in merito al concorso‏

Bologna, 30/06/2012

Egregio Ministro dell'Istruzione Prof. Profumo,

abbiamo letto e riletto le sue recenti dichiarazioni al Senato della Repubblica in merito alle nuove disposizioni su formazione e reclutamento dei nuovi insegnanti e siamo giunti alla conclusione che non esiste nessun’altra motivazione razionale, finanziaria o culturale di questo concorso se non la volontà di demolire le garanzie giuridiche e contrattuali degli attuali e futuri insegnanti precari della scuola.

È evidente, infatti, che questo concorso con i numeri proposti (7400 posti da spalmare su due anni scolastici) non risolverà mai il problema del precariato nella scuola.
Che non ci siano motivazioni di efficienza economica emerge dal fatto che il numero dei posti messi a concorso risulterebbe risibile rispetto ai costi che tale concorso richiederebbe (una beffa dopo i tre anni di tagli feroci e nella crisi in corso); d'altro canto si ripropone una già sperimentata forma di reclutamento che era stata abbandonata non ultimo per i suoi costi e si finge di non sapere che esistono graduatorie nate da esami concorsuali (GAE) già costituite sulla base del merito e che non comportano aggravi di spesa.

Si sostiene di voler programmare le nuove abilitazioni per evitare nuovo precariato, ma poi si bandiscono numerosi posti su classi di concorso già sature, mentre rimangono inadeguati i numeri delle classi concorsuali che davvero necessiterebbero di nuovi abilitati. Inoltre, si apre la porta dell'abilitazione agli aspiranti con più di 360 giorni lavorativi (cosa di per sé legittima ma che avrà l'effetto di aumentare il numero di abilitati senza cattedra).

Tutta questa massa di persone nei prossimi due anni (200.000 abilitati GAE, 20000 TFA e 20000 TFA “speciali”) saranno tutti a concorrere per 7400 posti! (o poco più)

“Ma – chiarisce il segretario della CISL-Scuola Scrima - l'abilitazione è un momento formativo. Non ha nulla a che vedere con l'assunzione”. Non dobbiamo, quindi, sperare di avere il posto solo perché abbiamo speso 2500-3500 EURO! Né pretenderlo per il concorso già vinto o per gli anni di lavoro già svolti. Nella scuola dei tecnici il posto di lavoro si deve sudare scalciando contro i propri vicini! Tanto le sedie per tutti non ci saranno e quindi, forza!, cominciate a correre!!

Dalle sue parole, egregio professore, scopriamo intanto che il MIUR sta lavorando per rendere i concorsi “più selettivi e rispondenti al merito”. Pittoni la incalza con la sua proposta di Legge e la fantasia corre ai concorsi regionali gestiti dalle singole scuole, dove finalmente i presidi manager potranno individuare i loro maggiordomi fin dal TFA.

Con la presente, dunque, volevamo complimentarci con lei per aver trovato finalmente la soluzione all'annoso problema del precariato, creato dai suoi predecessori in anni di aspettative disattese (e disinvestimento nel sistema di istruzione). Non è necessario portare la spesa scolastica alla media europea, d'ora in poi basterà dire che tutti gli abilitati non sono più docenti in attesa di stabilizzazione, ma gente che ha svolto un percorso formativo (bontà loro), che non ha nulla a che vedere con il lavoro.

Stando così le cose non ci resta che salutarla felicitandoci di tutto l'appoggio che la sua soluzione ha ricevuto dai sindacati, dalle associazioni, dalla politica e non ultimo dai colleghi convinti o di non essere coinvolti o di poter arrivare primi.

Tanti auguri, dunque, per il nuovo inizio di anno all'insegna della fine del precariato della scuola!

Coordinamento Precari Scuola Bologna

La lezione del terremoto: sulla scuola non si rischia

Finita la fase acuta dell'emergenza, qui in Emilia è ora di guardare avanti. Il terremoto ha lasciato montagne di macerie sul nostro territorio ma anche di dubbi su quello che sarà, a cominciare dalle scuole, cioè la base su cui costruire il futuro.
Alcune considerazioni, da parte di chi il terremoto l'ha vissuto dentro ad una scuola accanto ai propri alunni vanno fatte, a cominciare da quella forse più scontata: ci dicevano che la pianura padana non era zona a rischio sismico e ora scopriamo che invece tutta l'Italia lo è e che quindi - sia ben chiaro a chi governa- tutto il suo territorio e tutta la sua popolazione vanno adeguatamente protetti e tutelati. A cominciare proprio dai luoghi di lavoro e dalle scuole. E, se parliamo di scuola, questa tutela deve avere due risvolti immediati e improcrastinabili: la messa a norma degli edifici e un ripensamento sulle norme di sicurezza interne.
La tragedia di S. Giuliano di Puglia è stata solo sfiorata in Emilia grazie al fatto che la prima scossa del terremoto padano è avvenuta all'alba di una domenica, a scuole chiuse e con 24 ore di tempo per decidere di chiudere quelle già inagibili o a rischio. Tuttavia il bilancio attuale delle scuole crollate, danneggiate o parzialmente inagibili tra le province di Modena, Ferrara, Bologna, Rovigo, Mantova è impietoso, ha visto migliaia di alunni a casa prima della fine dell'anno, esami sotto le tende e tante incertezze per la riapertura di settembre.
Gli edifici non sono l'unico problema: i piani di evacuazione sono spesso inadeguati e mal gestiti dalle scuole stesse, ma soprattutto l'attuale sovraffollamento delle classi non può garantire evacuazioni sicure. Per chi non lo ricordasse, dobbiamo l'orrenda prassi delle classi-pollaio al DPR 81/09, corollario della legge 133 Tremonti-Gelmini che aveva come unico principio ispiratore una balorda “razionalizzazione” delle risorse economiche statali, non certo una buona didattica e neppure, ora lo possiamo dire, la sicurezza di alunni e personale delle nostre scuole. Ad oggi, classi prime di 28-30 alunni, in aule ai limiti dello spazio vitale, sono ormai la norma nelle scuole medie e superiori, nonostante sentenze contrarie siano state espresse dal TAR e dal Consiglio di Stato (da ultima la 144/145 2012).
Del resto, quando si ragiona per soldi risparmiabili e metri cubi sacrificabili non si considerano un paio di varianti fuori da ogni calcolo: l'imprevedibilità degli eventi e il panico, quest'ultima una componente difficilmente gestibile su numeri alti di alunni e soprattutto con ragazzi più grandi e consapevoli (12-19 anni). La situazione di emergenza, neanche a dirlo, si fa ancora più complicata con classi che presentano alunni disabili, non sempre coperti dal sostegno se non in casi gravissimi. Se la scossa del martedì mattina non ha avuto drammatiche conseguenze è stato perchè, va quindi ribadito, le scuole più a rischio erano già state chiuse.
Adesso che è il momento di formare le classi prime in ogni ordine e grado di scuole, chiediamo che sia un'urgenza assoluta per le istituzioni, una riflessione sull'opportunità di ripensare a quei numeri imposti dal DPR 81/2009 (e ribaditi di recente dalla circolare ministeriale 25 del 29 marzo 2012 sulla formazione degli organici 2012/13), e non solo per le zone terremotate, ma per tutto il territorio italiano che è coinvolto, in questa fase da una serie di eventi geosismici ripetuti e non prevedibili.
Altrettanto attenti e rigorosi siano, come già detto, le analisi strutturali e il ripristino degli edifici scolastici. Per tutto questo i soldi vanno trovati, senza se e senza ma. E' questione di coscienza.