QUALE FUTURO PER LE ASPIRANTI E GLI ASPIRANTI
INSEGNANTI?
“Il
futuro invade Bologna” ha detto trionfalmente Valeria Fedeli, la
ministra dell’Istruzione, che oggi sarà a Palazzo Re Enzo per un evento sulla
scuola digitale.
Ma
non si può parlare del futuro della scuola pubblica senza occuparsi delle modalità
con cui gli/le aspiranti insegnanti potranno entrare in ruolo e delle
condizioni in cui lavoreranno.
Il
nuovo percorso di reclutamento e formazione dei docenti della scuola
secondaria, il FIT, sembrerebbe un passo avanti rispetto al passato, perché
prevede:
- concorso prima dei tre
anni di formazione;
- retribuzione per gli
insegnanti in formazione.
Ad
una lettura più approfondita, però, scopriamo tutte le magagne del nuovo
sistema.
- Cambiano
ancora i requisiti di accesso al concorso
Devono
essere acquisiti, prima del concorso, 24 cfu in discipline
antropo-psico-pedagogiche: e chi non è più iscritto all’università? Deve
recuperare esami, pagando le ennesime tasse universitarie.
- Si
legittima il lavoro sottopagato e la discriminazione salariale
Per
gli insegnanti in formazione, la retribuzione sarà di 400 euro netti
mensili, ma il FIT richiede un impegno a tempo pieno, non conciliabile con
altre occupazioni.
- Il FIT
è un percorso lungo disseminato di ostacoli
Nei
tre anni i corsisti saranno continuamente valutati, anche dai Dirigenti
Scolastici delle scuole in cui lavoreranno; è previsto un anno di prova (il
terzo), non ripetibile. E in caso di fallimento? Si riparte dalle selezioni!
- La
precarietà viene resa più sommersa
Ci
sarà sempre
bisogno di supplenti per quelle cattedre che non potranno andare ai corsisti
del FIT; se davvero le Graduatorie d’Istituto non verranno riaperte nel 2020,
si ricorrerà sempre di più alle Messe a Disposizione (MAD), uno strumento non
trasparente, fuori da qualsiasi graduatoria, che non permette di maturare il
punteggio e il diritto all’assunzione dopo 3 anni.
Troppo
spesso, l’innovazione tecnologica viene presentata come panacea di tutti i mali
della scuola pubblica. Ma la qualità della didattica passa anche e soprattutto dal dare
diritti, dignità e condizioni di lavoro stabili alle aspiranti insegnanti, ai
precari e alle precarie.
PER QUESTO CHIEDIAMO:
- la parità di diritti e salario tra insegnanti in
formazione e insegnanti di ruolo;
- la possibilità di ripetere l’anno di prova;
- la riduzione del percorso FIT a due anni;
- la riapertura delle Graduatorie d’Istituto anche
per il prossimo triennio;
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